6 - I cinque amici

Roberto Signori

6 - I cinque amici

Erano anni che non vedevo Bob, se si esclude quella volta in cui comparve alla televisione in un programma quiz sul genere lascia o raddoppia.

Compagni di studio fin dalle scuole dell'obbligo, avevamo continuato insieme il cammino scolastico, fino alla maturità, conseguendo il diploma in elettronica, vecchia passione che già da bambini ci aveva visto protagonisti di innumerevoli esperimenti.

Comunque, mi lasciò del tutto sorpreso incontrarlo nel terminal nord dell'aeroporto di Gatwick a Londra, dieci anni dopo il nostro ultimo incontro. A dir la verità non fui io a riconoscerlo, sebbene lui non fosse in realtà cambiato molto: a parte l'incipiente calvizie, il suo aspetto era esattamente quello di un decennio fa. Fatto sta comunque che mai mi sarei aspettato di trovarmelo davanti proprio in quel luogo, vestito in un elegante completo blu che poco aveva da invidiare ai modelli esposti nelle gallerie del centro.

Avevo sentito da altri amici che aveva fatto strada e che era diventato discretamente ricco. Era diventato un importante diri­gente, e si era trasferito a vivere a Torino, città che da sempre lo aveva affascinato col suo misticismo.

Mi si accostò con tutta la naturalezza di questo mondo e mi disse : - ciao Alberto, come va? - con la disinvoltura tipica di chi vive in una metropoli. Impiegai qualche momento per riprendermi dalla sorpresa, e stringere la mano che aveva teso verso di me.

- Non c'è male - risposi con un caloroso sorriso -sono anni che non ci vediamo, cosa fai da queste parti? -

- Sono qui per una conferenza, e tu in partenza o in arrivo? -

- In partenza - risposi, ero infatti appena stato a Stonehenge per ammirare il misterioso cerchio di pietre, che proprio in quel periodo dell'anno, il solstizio d'estate, assume un ruolo di particolare importanza e diviene meta di numerosi turisti e studiosi che cercano di carpirne i segreti.

La versione più accreditata lo vede come osservatorio costruito per studiare i moti delle stelle, mentre una seconda teoria sostiene sia stato eretto in un luogo di particolare importanza mistica, una sorta di punto d'incontro di linee di forza dagli arcani significati.

Stonehenge rimane il più importante monumento preistorico costruito dall'uomo, tremila anni prima della nascita di Cristo. Io avevo approfittato di qualche giorno di ferie per visitare Londra, in compagnia della mia fidanzata che in quel momento si trovava al bar.

- Coma va? ti sei sposato o continui a condurre la vita dissoluta di un tempo? - chiesi.

- No, sono un single, e penso che lo rimarrò per molto tempo, visto che mi sto divertendo un mondo. Tu piuttosto, se non erro quella ragazza si sta dirigendo verso di noi e dal modo in cui ti guarda, mi sembra di capire che è abbastanza adirata nei tuoi riguardi.- In quell'istante infatti la mia fidanzata ci raggiunse ed iniziò una serie di invettive contro la mia persona, dicendo che se fosse per me la dimenticherei in giro, affermazione del resto abbastanza veritiera considerando che avrei dovuto raggiungerla al bar almeno venti minuti prima. Cercai subito di calmare le acque presentandola a Bob e scusandomi, adducendo la causa del ritardo al fatto di aver incontrato un vecchio amico.

Sembrò calmarsi un poco per quanto un tifone possegga uno stato di quiete, e cominciò con fare molto deciso ad elencare tutti gli articoli di Liberty, che avevamo visto nella mattinata, che secondo lei non rispettavano la classe ed il blasone del grande magazzino. Se fosse stato per lei, avrebbe continuato anche con gli Harrod's, ma per fortuna, di Bob soprattutto, la fermai in tempo. La liquidai per qualche istante, con tutta la gentilezza possibile, esprimendo il desiderio di parlare con Bob da solo. Riesumammo i vecchi tempi, in cui tutti e due abitavamo a Bergamo ed andavamo in città alta a marinare la scuola e cercar di far conoscenza con esponenti del sesso opposto. Il discorso continuò sui ricordi del passato, ed altre rimembranze, fino a quando l'altoparlante annunciò l'imbarco del mio volo. Mi congedai, e lo salutai con la promessa di rivederci al più presto.

Ma così non fu. Una volta rientrati in Italia, sia io che lui fummo assorbiti dalla routine e così, sebbene mi fosse capitato diverse volte di passare da Torino per lavoro nei mesi successivi, non ebbi più sue notizie.

Torino è una città strana, o sei ammaliato dal suo fascino, e questo è il caso del mio amico, oppure ti risulta completamente indifferente. Il Valentino, la Mole, la stessa Superga che sovrasta dal colle possono assorbirti totalmente o non assumere alcun significato, vie di mezzo non ne esistono.

Fu il dieci di gennaio che ebbi di nuovo sue notizie: mi chiamò e mi disse che aveva organizzato una rimpatriata di alcuni dei vecchi compagni, e che ero invitato per una cena a casa sua, di lì ad una settimana.

Accettai di buon grado, anche se tutti i miei sforzi per fargli confessare chi fossero gli altri invitati furono vani; riuscii solo a fargli confessare che saremmo stati in cinque.

I sette giorni che mi separarono da quel week-end trascorsero con inesorabile lentezza, ma finalmente quel sabato arrivò.

Impiegai quasi quattro ore per raggiungere il cancello della splendida villa in cui abitava, tanto più che sebbene mi ero portato una carta stradale di Torino, la chiusura al traffico di alcuni corsi mi costrinse a percorrere un tragitto alternativo.

La villa era imponente, circondata da un lussureggiante parco si innalzava su due piani ed un porticato correva per tutto il perimetro, stagliandola dalla vegetazione.

Suonai e mi chiesi quanto il citofono potesse alterare la voce umana, visto che non riuscii a riconoscere se fosse Bob all'altro capo della linea. Risposi con tono imperso­nale alla voce che comunque continuava a rimanermi anonima e che mi invitava ad entrare; solo dopo qualche istante mi accorsi che al mio quesito aveva già risposto l'altoparlante stesso annunciando un impersonale - venga avanti signore. - Del resto era abbastanza normale che il mio vecchio amico avesse un maggiordomo in quella splendida tenuta.

- Benvenuto, spero che abbia fatto buon viaggio - mi disse Bob sulla soglia d'ingresso.

- Beh, ci ho messo quattro ore, ma ora eccomi qui.-

- Gli altri ospiti dovrebbero arrivare a momenti, vieni che ti faccio accompagnare alla tua camera, immagino vorrai darti una rinfrescata.-

- Vuoi dirmi chi sono gli invitati oppure preferisci che mi arrovelli il cervello cercando di scoprirlo da me? -

- Mi spiace ma penso che tu debba pazientare ancora qualche istante, tra breve arriveranno.-

All'interno la villa era ancora più maestosa ed elegante dell'esterno; un ampio salone, al centro arredato in stile ottocentesco. Una scala saliva al piano superiore e descriveva un semi arco, così che mentre si saliva, si effettuasse una rivoluzione che copriva un buon terzo del salone e ne permettesse di ammirarne i contenuti dall'alto.

C'era comunque qualcosa che non mi persuadeva in quella villa; i quadri apparivano polverosi e trascurati, la passatoia sulla scala era lisa in più parti e vi erano segni di fatiscenza in ogni angolo.

Non ne feci comunque una questione di primaria importanza, ed entrai nella mia camera approfittandone per fare una doccia.

Una buona doccia è sempre il miglior tonico che conosca, tant'è vero che ne uscii solo dopo una mezzora, incuriosito dal rumore di un’auto che percorreva il viale d'entrata. Non potei fare a meno di affacciarmi al balcone pur avendo addosso solamente l'accappatoio.

Fu così che vidi il primo commensale: Eva.

Eva era una nostra vecchia conoscenza, io e Bob ci eravamo innamorati di lei in gioventù, ma lei preferì lui, anche se lo scaricò dopo qualche mese. Bob del resto era sempre stato innamorato di quella donna, che aveva quasi un fascino morboso sulla sua persona.

- Che stupido - esclamai, come avevo potuto dimenticarmi, e non figurarla subito tra gli invitati. Rientrai, anche perché, sebbene la curiosità mi avesse spinto ad uscire se­minudo sul balcone, la temperatura esterna di 2 gradi centigradi mi convinse a rientrare in tutta fretta.

Mi rivestii e quando scesi di nuovo nel salone, accanto ad Eva sul sofà stava seduta una seconda persona, che mi dava le spalle e che non riuscivo ad identificare. Doveva essere venuto a piedi perché non avevo sentito altri rumori di vetture, e non avevo visto altri passeggeri con Eva quando mi ero affacciato. Trattenni a malapena un sussulto di gioia quando si girò, e riconobbi Gianni. In passato Gianni era stato un ciclista semiprofessionistico di ottimo livello ed era arrivato a vincere anche un titolo regionale. Dalle ultime notizie che avevo di lui, sapevo che, dopo essersi ritirato dalle competizioni, aveva aperto un negozio di mountain bike. Io, Gianni, e Bob, andavamo spesso in discoteca assieme il sabato sera, anche se la domenica vi erano le gare in pista. Gianni non era mai stato un atleta modello, per lo meno nella condotta di vita: alcool e bagordi gli erano sempre piaciuti.

- Sono felice di vederti, Eva.- dissi facendo un inchino che mi vide in una posizione abbastanza ridicola- e tu Gianni, ti trovo in forma - continuai porgendogli la mano.

- Alberto, non sei cambiato per niente - rispose Eva, con un sorriso – sei ancora identico a dieci anni fa.-

- Ciao Albi - mi salutò Gianni, - sono felicissimo di vederti. Non sapevo di trovarti qui, mi fa molto piacere. -

- Se volete gradire - disse Bob porgendoci i bicchieri che il maggiordomo aveva portato su un vassoio d'argento che doveva essere stato rispolverato per l'occasione; - è leggermente alcoolico, ma se non mi ricordo male, questo non dovrebbe essere un problema per nessuno, a meno che qualcuno nel frattempo non sia diventato astemio. -

- Io no di certo, soprattutto ora che non devo più preoccuparmi delle gare; quindi salute! - proferì con conviviale allegria l'ex atleta, come a dire che invece una volta "stava in riga".

Ci sedemmo, e sprofondammo nel passato.

Eva ci raccontò di come si fosse sposata con un industriale di Trieste, e di come do­po due anni, disperata, avesse chiesto il divorzio. Disse che il marito viveva solo per il lavoro, che la trascurava, e che pensava solo ai soldi (mentre a lei -pensai io con una punta di malignità- i soldi facevano schifo, visto che da comuni amici avevo saputo che in meno di un anno aveva dilapidato metà del patrimonio dell'imprenditore). Ora viveva da sola, ed il suo grande hobby era la cucina. Cercò di lanciarsi in una dissertazione sull’uso della pentola a pressione ideale per la cottura di verdure e altre pietanze, ma riuscii a fermarla in tempo chiedendo a Gianni come andasse il suo negozio.

- Vedete, oggi le competizioni non sono più come quelle dei nostri tempi. Una volta veniva premiato il gesto atletico, lo sforzo dell’individuo, mentre ora ciò che fa la differenza, ciò che ti fa vincere è la medicina o, se vogliamo chiamarla con il suo nome, la droga. In un modo o nell’altro tutti si "bombano”, tutti si drogano, tutti prendono la pastiglina, anche se magari entro i limiti del regolamento. Io mi sono ritirato quando ho visto che se non prendevo niente, mi avrebbero tolto dalla squadra. Così ho aperto un negozio di mountain bike, e mi diverto a ripararle, montarle e venderle. E' meno gratificante dal punto di vista atletico, ma è piacevole sul piano umano, e soprattutto è una attività onesta. -

Gli manifestai tutta la mia stima, e dissi che alla prima occasione sarei passato a trovarlo nel suo negozio.

In quel momento, suonò il campanello: - il quinto uomo - pensai tra me e me.

Il maggiordomo, ci annunciò che era arrivato l'ultimo ospite, ed andò ad aprire. Sulla soglia della porta comparve Barbara, una ragazza snella, alta circa un metro e settanta, con i capelli a caschetto neri e corti.

Barbara ci salutò e si accomodò sulla pol­trona di fronte a me, dopo aver preso il suo drink.

Anche lei faceva parte della combriccola di dieci anni prima. Aveva sempre avuto un carattere molto forte, ed era quella che si poteva definire un maschiaccio. Da buona anticonformista si era sempre interessata di meccanica e motori, e nonostante le difficoltà che aveva incontrato in un ambiente non propriamente aperto al gentil sesso grazie al suo carattere deciso e alla sua oggettiva capacità era riuscita a guadagnarsi la stima di amici e colleghi e a farsi un nome nel settore. Con noi si tro­vava a suo agio anche quando eravamo tutti ragazzi e si andava al bowling, anzi era lei la prima. Non l’ho mai vista in compagnia di qualcuno che potesse passare per fidanzato, ed anzi ho sempre sospettato che avesse interessi saffici. Una ragazza in gamba, senza dubbio, intelligente, volitiva, energica. Dal punto di vista fisico non era cambiata granchè: anche non era mai stata propriamente una bellezza, i suoi grandi occhi castani davano una interessante profondità al viso pallido ma grazioso. Non mi ricordo di averla mai vista truccata.

Avevo supposto che lei potesse essere tra gli invitati, poiché al tempo eravamo molto, e l'avevamo sempre considerata una di noi.

Bob riprese a raccontare della sua vita di scapolo, della libertà di poter cambiare partner senza porsi troppi problemi, della varietà del rapporto con diverse donne. Babi -così avevamo sempre chiamato Barbara- non sembrava particolarmente interessata al discorso, mentre Gianni, che era sposato da due anni, cercava in tutti i modi di controbattere le tesi libertine di Bob. Io ed Eva restavamo su posizioni di distaccata neutralità.

Bob parlava con una strana impazienza, come se non fosse completamente tranquillo. Ad un tratto, dopo aver osservato che ormai i bei tempi erano passati, cambiò discorso, e disse che aveva un problema da risolvere. Il motivo per cui ci aveva invitato era che gli serviva il nostro aiuto.

- Ma di questo vi parlerò più tardi. Adesso andiamo a cena, se permettete vado a vedere se è tutto pronto.- Ci lasciò con la curiosità insaziata.

La cena si prolungò per quasi due ore du­rante le quali discutemmo dei più svariati argomenti, ma nessuno, quasi per tacito ac­cordò osò interrogare il nostro anfitrione riguardo al suo problema.

Dopo l'antipasto venne servito il risotto al tartufo e quindi un piatto di selvaggina, il tutto accompagnato da un ottimo barbera, che come ci spiegò lui stesso si procurava personalmente dalle cantine locali.

Solo dopo il dessert entrammo nel merito della questione che la superba cena aveva scalzato dal podio dei miei pensieri.

- Cari amici, noi tutti ci conosciamo da pa­recchio tempo e sebbene ci siamo persi di vista ultimamente, non significa che la mia stima nei vostri confronti sia minimamente diminuita. Anzi, devo confessarvi che sento il bisogno di un vostro parere che reputo importantissimo riguardo una questione di carattere personale. Purtroppo non sono mai stato un persona diplomatica, me cercherò di esporvi la questione in maniera chiara.

Mi trovo in una situazione abbastanza delicata, nei confronti di una persona.

Una sera, mentre ero seduto nel mio ufficio ed ero intento a lavorare al computer, ho assistito ad un grave misfatto. Erano già passate le dieci, ed io sono abituato a lavo­rare al terminale con la luce molto soffusa ed alcune volte addirittura spenta. Quella sera, era una di queste e in un momento di pausa, mentre ero affacciato alla finestra che guarda verso il centro fui testimone di un furto. Il ladro, riuscito ad entrare di soppiatto nella stanza del palazzo che avevo quasi di fronte, commise l'errore di accendere la luce, certo che a quell'ora non vi fosse nessuno.

Probabilmente era sicuro di ciò che faceva, visto che non si preoccupò minimamente di coprirsi il volto e sicuramente tutto sarebbe andato liscio, se in quel frangente io non avessi guardato in quella direzione e soprattutto, la cosa mi sarebbe sembrata del tutto normale se non avessi riconosciuto la persona in esame. Vedete, io stesso non capii cosa ci potesse fare quella sera quella persona in un posto simile, anzi mi meravigliai moltissimo di vederla la; fu soltanto l'indomani quando si sparse la voce di un furto accaduto proprio la sera prima, che cominciai a capire. Potete certamente immaginare il mio sbigottimento, tanto più che non seppi come agire; non avvertii la polizia perché conoscevo bene quella persona, e non l'avrei mai creduta responsabile di un tale atto. Purtroppo, col passare dei giorni, le indagini chiarirono che erano stati trafugati documenti di enorme valore, ed allora la mia stima per quella persona cominciò a svanire. Ma non dissi comunque nulla anche nei giorni seguenti, non so bene per quale motivo, forse la credevo ancora innocente sebbene la realtà mi screditasse - e si fermò come a riflettere sulla gravità di ciò che avesse detto.

Si levò un mormorio, tutti cercarono di dire la loro, ed anche io.

- Chi era Bob? Lo conosco forse? -

- Non tenerci in sospeso -

- Ma era uomo o donna? -

- Bob, da quanto lo conosci? -

Ma Bob continuò ignorando i commenti: - Oggi vi ho invitato per chiedervi un consiglio su come comportarmi. Non intendo minimamente rivelare l'identità del ladro, ma vorrei che voi diceste il vostro parere.-

La prima fu Eva - se tu non vuoi dirmi chi fosse o almeno in che grado di amicizia sei con questa persona, come puoi pretendere che io ti dica come mi comporterei al posto tuo. So di non essere imparziale, ma se si trattasse di un vero amico, non parlerei, che si arrangi la polizia ad indagare.-

- Bell'esempio - la incalzò Gianni - complimenti veramente per la tua coscienza ed il tuo senso di responsabilità, io mi vergogne­rei ad aver pronunciato quello che hai detto. Penso che se è stato commesso un torto, è giusto che il colpevole paghi, anche se questo può far male più a me che a lui. Anche se fosse il mio miglior amico, non lo perdonerei rendendomi complice.-

- Beh, io forse Bob avrei gli stessi tuoi dubbi, ma penso che la decisione finale dipenda da te.

Se dovessi essere nei tuoi panni comunque credo che non riuscirei ad essere imparziale ma mi farei influenzare dall'amicizia esistente con questa persona ed anche dal valore del furto commesso. - dissi a mia volta guardandolo dritto negli occhi per cercar di carpirgli qualcosa.

- Così, esistono ladri di serie a e ladri di b - esordì Babi - non ti sembra di essere parziale. Io posso capire sebbene non lo condivida che l'amicizia ti condizioni, ma che anche il mero valore economico influenzi l'ago della bilancia proprio non lo accetto. Un furto è un furto punto e basta. -

- Posso essere d'accordo con te, ma non puoi mettere su uno stesso piano il furto di un autoradio e la trafugazione di ... che ne so ... della Gioconda - risposi.

- Ah si, e se la autoradio è la tua? - disse Gianni

- Ma questo cosa c'entra, per me l'impor­tante non è il valore, c'entra solo l'amicizia. E poi non ci ha ancora detto che valore avevano i documenti rubati - e con quest'ultima affermazione di Eva, tutti ci voltammo a guardare Bob in attesa della risposta.

- E non intendo neppure dirvelo. Ma vi voglio fare un altra rivelazione. Non vi ho convocato solo perché ho fiducia di voi e dei vostri consigli, ma anche perché come forse qualcuno ha intuito, il ladro lo conoscete anche voi, era uno di noi un tempo, ma forse oggi non più.- Si scatenò un mormorio ancora più intenso di quello precedente.

- Chi è ? -

- E' da molto che non lo vediamo? -

- Ma allora è un uomo o un donna? -

- Quanti anni ha? -

- Mi dispiace, ma non intendo rivelare la sua identità come ho già detto. Prima voglio sentire i vostri commenti, ed in parte li ho già ascoltati, poi forse vi dirò chi è.-

- Non è onesto. Non puoi tenerci sulle spine e pretendere da noi una condotta e delle risposte sincere ed oggettive. Se non ti vuoi sbilanciare non possiamo aiutarti.- intervenne Eva.

- Per me, la questione non si pone, io andrei alla polizia.- replicò Gianni.

- Ma scusa - chiesi - non per non volermi fare gli affari miei, ma ammesso che tu voglia denunciarlo o denunciarla, quali prove avresti oltre alla tua parola? Questo, perché non vorrei che dopo tanto discutere si arrivi al fatto di voler consegnare questa persona alla giustizia ed essere nelle condizioni di non poterlo fare. -

- E magari di beccarci una denuncia per diffamazione.- terminò Babi.

Cominciavamo già a sentirci parte integrante del segreto di Bob, di voler intraprendere azioni su questo personaggio pur non sapendo minimamente chi fosse. Devo dire che la tecnica di esposizione del nostro ospite si rivelava più efficiente di quanto sembrasse.

 - Vedete, io non posseggo prove nel senso fisico del termine, solo la mia parola. Comunque gli inquirenti avranno sicuramente rilevato le impronte digitali e nel caso avesse usato i guanti, in un confronto diretto in tribunale, penso che crollerebbe. Questi, non è un ladro di professione, è solo una mite personaggio che si è trovato travolto dagli eventi. Io ed anche voi, lo conosciamo bene, sappiamo che non è un delinquente, ed è appunto questo che mi trattiene dall'andare al commissariato.-

- Ma agendo in questo modo tu ti sei già reso complice - lo accusò Gianni.

- Forse in parte sì, ma non penso sia troppo tardi. Questa persona dicevo, ha agito co­me una valvola, ha accumulato la tensione internamente e quando non ce l'ha più fatta è crollata psicologicamente ed ha agito. Potrebbe essere stato pilotato da qualcun altro che con piccole suggestioni giorna­liere lo ha portato ha commettere un grave atto.-

- Pensi che non abbia agito da solo? - chie­si.

- Oh non lo so, era solo un ipotesi e comunque questo lo dovranno scoprire i magistrati.

Ma mi rendo conto di avervi detto troppe novità in una sola volta perché possiate essere oggettivi. Se non ho capito male, tu Gianni non guarderesti in faccia a nessuno, la giustizia è uguale per tutti. Ti ammiro per la tua onestà; Eva invece favorirebbe il fattore affettivo ed emotivo e devo ammettere che è proprio quello che mi frena di più nell'agire. Tu Alberto, baseresti le tue conclusioni anche in merito al danno causato, all'importanza economica del bene trafugato. Ed infine, Babi, che è indecisa quanto me, ma a cui non importa cosa sia stato rubato. Bene, è tardi e penso che sia bene andare a letto, una buona dormita è il miglior consigliere in questi casi. Domani, vi rivelerò il nome e vedremo il da farsi. Amici buona notte, se volete potete rimanere alzati quanto volete, Enrico - questa fu la prima volta in cui sentii il nome del maggiordomo - vi mostrerà le vostre camere.- e si congedò.

Noi rimanemmo ancora un po' a discutere sul fatto di chi potesse essere questa nostra conoscenza del passato. Si fecero vari nomi, me nessuno sembrava essere quello giusto. Decidemmo quindi di andare a dormire ed aspettare l'indomani per conoscere l'ambito segreto. Enrico ci mostrò le camere, che si trovavano tutte al piano superiore: in ordine, da sinistra verso destra vi erano quella di Gianni, Barbara, Eva, ed infine la mia. Bob dormiva in una camera al piano terra, una di quelle che davano sul porticato.

Ci salutammo ed andammo a dormire.

Ero abbastanza stanco, era stata una gior­nata ricca di avvenimenti, ma ero anche eccitato dall'idea di questo ladro misterioso e quindi non riuscii a prendere sonno subito. Mi addormentai dopo circa un’ ora.

Fu la voce del maggiordomo a svegliarmi la mattina dopo. Mi ricordo che chiamava insistentemente Bob, ma non sentii alcuna risposta. Notai una certa inquietudine nella voce del maggiordomo; la sera prima aveva sempre tenuto un tono compassato di riverenza, quello di chi è abituato a servire le persone. Quella mattina il tono era insolitamente acuto, si capiva che non era abituato ad alzare la voce. Decisi così di scendere a vedere. Sulle scale incontrai Babi, anche lei stava scendendo a vedere cosa stesse succedendo.

- Ho cercato più volte di chiamare il padrone, ma non risponde. Non mi era mai successo, ogni mattina servo la colazione a quest'ora, ed il padrone è sempre sveglio. Non capisco in otto anni è la prima volta che mi capita, non vorrei che non si sentisse bene - aveva perso quella naturale compo­stezza che caratterizza tutti i maggiordomi di una certa età.

- Ha provato ad aprire al porta? - chiesi.

- Oh! Non mi permetterei mai, sarebbe gra­vissimo entrare senza permesso -

Non attesi oltre ed abbassai con forza la maniglia della porta maledicendolo mentalmente per il suo zelo. La porta non si aprì, riprovai ma evidentemente era chiusa dall'interno, visto che la toppa esterna era vuota.

- Non ha una seconda chiave? - esortai il maggiordomo

- No signore, il padrone non si chiudeva mai in camera, lasciava la porta sempre aperta, lui detestava le porte chiuse. Del re­sto io ho sempre visto le chiave di quella porta inserita nella toppa all'interno, non so se ne esista una copia, penso che se esiste sia in qualche cassetto della sua stanza. Proprio non capisco, non chiudeva mai la ...-

Babi incalzò - non esiste un altro modo per accedere alla camera? -

- Hum... Sì, esiste la porta a vetri che da sul porticato. viene usata per andare direttamente al giardino.-

Non aspettammo che finisse la frase, ci dirigemmo verso l'ingresso e quindi nel giardino. Il maggiordomo ci seguiva a poca distanza.

- Da che parte è la camera di Bob chiesi? -

- Sotto il portico, ancora poco e ci arri­viamo.-

Quando arrivammo trovammo la porta aperta e Bob seduto sulla poltrona con una chiazza rosso scuro esattamente all'altezza del cuore.

Barbara lanciò un grido e si coprì il volto con le mani, il maggiordomo rimase im­mobile a guardare la scena, con lo sguardo fisso nel vuoto.

Mi feci forza ed entrai nella stanza. Sul petto, all'altezza del cuore si stagliava gros­sa macchia di sangue. Non riuscii a guar­darlo più a lungo, dovetti girarmi per riu­scire a reprimere a stento un conato di vomito. Rivolsi uno sguardo alla porta, ed in effetti la chiave stava nella toppa. Pensai che non dovesse essere toccato nulla, e proprio in quel momento arrivarono Gianni ed Eva.

Gianni, rimase a bocca aperta, non riuscì a proferire alcuna parola, se non un verso strozzato; Eva scoppiò in un pianto dirotto ed io la abbracciai cercando di confortarla. Enrico nel frattempo si era ripreso e gli dissi di andare a telefonare ad un dottore ed alla polizia. Barbara si riprese poco dopo e cercò di parlare ad Eva che appariva la più scossa.

Io decisi di rientrare in casa, non riuscivo più a tollerare quella vista orribile.

L'ispettore ci trovò tutti in salotto, seduti come poche ore prima ma con una persona di meno.

Era una persona sulla quarantina, di statura media, con un folto paio di beffi neri. Gli occhi erano piccoli e luminosi, i capelli si diradavano sulle tempie lucide per far posto ad una fronte ampia, traversata da qualche ruga per tutta la sua lunghezza. Nell'insieme dava un senso di sicurezza e determinazione.

- Buongiorno, sono l'ispettore Ferretti della sezione omicidi. Come avete avuto modo di constatare, questa notte è avvenuto un delitto. Il signor Giacobini, è stato assassinato. Sebbene non abbia sospetti su alcuno di voi, nessuno è da ritenere innocente a priori, e quindi sono costretto a chiedervi di non lasciare la villa fino a quando il colpevole non sarà smascherato. Più tardi vorrei parlarvi singolarmente - e si allontanò a controllare il lavoro dei sui uomini.

Rimasi affascinato, se mi permettete il termine dall'efficienza della squadra: le impronte digitali, innanzitutto, vennero prelevate, da tutti gli oggetti che si presentavano nelle immediate vicinanze della vittima, e che avrebbero potuto recare la firma dell'assassino.

Quindi passarono ad esaminare le impronte presenti nel giardino, e mi venne in mente che tutti noi eravamo arrivati alla camera di Bob passando appunto per il giardino, e di conseguenza dovevano essere abbastanza confuse. Nonostante l'accaduto, non riuscivo a staccare gli occhi da quello che avveniva in quella stanza, come se mi sentissi parte integrante della squadra.

Quando fu il turno del dottore, la porta venne chiusa, ed io non potei più assistere.

Dopo circa una ventina di minuti, l'ispettore uscì e chiese al maggiordomo se vi fosse una stanza libera nella quale stabilire il suo quartier operativo, ed Enrico gli mostrò la stanza a pianterreno at­tigua a quella dello sventurato Bob.

Ci convocò uno alla volta, come ci aveva preannunciato; io fui il primo.

- Si accomodi, scriva su questo foglio il suo nome e cognome.-

Lo feci. Per correttezza vorrei continuare la narrazione come ho fatto fino ad ora, omettendo il cognome degli invitati, e chiamandoli col solo nome, anche se questo potrebbe rendere meno impersonale la narrazione.

Mentre esaminava i miei documenti, continuò l'interrogatorio - le spiacerebbe giustificarmi la sua presenza in questa casa? -

- Assolutamente. Bob ci aveva invitati per una cena tra amici, un rimpatriata di vecchi compagni di gioventù.-

- Dice di essere stato invitato telefonicamente dalla vittima. In che rapporti eravate?-

Gli raccontai tutto facendo attenzione a non tralasciare nemmeno il più piccolo particolare. Giunsi fino alla cena, quando mi fermò.

- Quindi a parte l'incontro in aeroporto, lei non vedeva la vittima da qualche anno ?-

Asserii muovendo il capo.

- E gli altri invitati, erano anche loro in buoni rapporti per quello che lei può aver appreso?-

- Certamente, eravamo tutti molto uniti. forse era da un po di tempo che non ci vedevamo, ma sicuramente, questo non aveva intaccato la nostra amicizia, o almeno que­sto è quanto mi è parso ieri sera. Spero che lei non voglia accusare qualcuno di noi!-

- Nessuno è escluso. Al momento del delitto, erano presenti cinque persone, e questo le fa figurare tra i principali indiziati.-

Trasalii, ma dal suo punto di vista, non faceva una piega. Mi chiese di continuare il racconto sulla sera precedente.

Gli narrai tutti i discorsi, cercando di essere il più oggettivo possibile fino a quando Bob si congedò per andare a letto.

- Ricapitolando, vi era una persona, di conoscenza comune, che la vittima aveva visto compiere un furto. Voleva un vostro parere e per questo vi aveva invitato. Poi però decise di non rivelarvi il nome del ladro, che ve lo avrebbe fatto solamente l'indomani. Non le sembra un comportamento insolito?-

- Non saprei. A dir la verità, io non sapevo neppure il vero motivo dell'invito, mi aveva fatto intendere che si sarebbe trattato solamente di una cena tra amici, senza secondi fini.-

- Quindi lei non era a conoscenza di questa storia del furto prima di ieri sera?-

- No.-

- Ed ha qualche idea su chi potesse essere questo fantomatico ladro, che peraltro lei dovrebbe conoscere? -

- Quando Bob è salito, noi siamo rimasti ancora a discutere sulla possibile identità, ma non siamo giunti a nulla.-

- Che ore erano quando lei è salito in camera?-

- All'incirca mezzanotte -

- E si ricorda se qualcuno è rimasto ancora nel salone?-

- No, siamo saliti tutti insieme nelle nostre camere.-

- Bene, voglio farle un’ultima domanda: durante la notte ha sentito dei rumori particolari provenienti dal piano terra o dalle camere vicine?-

- Ero abbastanza agitato ieri sera per questa storia del ladro e non sono riuscito subito ad addormentarmi. Sono rimasto sveglio ancora un ora, ma non ho sentito nessun rumore particolare - lo lasciai con quest'ul­tima affermazione.

Di seguito vennero ascoltati Eva, Gianni, Barbara ed infine il maggiordomo.

- Secondo voi - disse Barbara mentre era il turno del maggiordomo - che impressione vi fa questo Ferretti?-

- Ma, - dissi - mi sembra uno che conosce il suo mestiere, non è uno sprovveduto.-

- Come può pensare che sai stato uno di noi a commettere il delitto. Non mi sarei mai neppure so­gnata di far del male a Bob, e penso nessuno di noi. Gli volevamo tutti bene.-

- Questo è certo - intervenne Gianni - ma allora deve sicuramente essere stato qualcuno dall'esterno, oppure il maggiordomo.-

- A me il maggiordomo, non ha mai ispirato fiducia, e se avesse commesso il delitto per impadronirsi dei beni di Bob? Non avendo ne moglie ne figli, magari nel testamento c'è un lascito a questo Enrico e lui per non vo­ler dividere con altri ... -

- Eva, sei ancora quella di una volta, sempre pronta a fantasticare ed a spettegolare sul prossimo -

la rimproverai. - A me Enrico ha fatto una buona impressione, ricordiamoci che è qui da parecchi anni, e non credo che se avesse avuto intenzione di uccidere il suo padrone avrebbe aspettato un giorno in cui c'erano ospiti.-

- Cosa intendi dire? - mi interrogò Gianni

- Ho capito - rispose Babi precedendomi - tu pensi che se volesse uccidere Bob, avrebbe sicuramente scelto un giorno più tranquillo e magari anche un metodo meno appariscente, se mi perdonate il termine -

- Più o meno, se fossi stato io al suo posto, avrei messo una piccola quantità di veleno nel cibo, in maniera da farlo sembrare un qualche malore. Secondo me, la questione è diversa.-

- Anch'io concordo con Alberto. Il tutto è successo, perché Bob voleva rivelarci l'identità del ladro, e questi o qualcuno al posto suo gli ha chiuso la bocca. Per sempre - terminò Eva.

In quel momento si aprì la porta e ne uscì l'ispettore con il maggiordomo.

- Se volete seguirmi, vorrei con il vostro aiuto analizzare la scena del delitto.-

Andammo tutti attraverso il prato ed il porticato, nella camera del nostro ospite. Il corpo era stato rimosso, solo una chiazza rosso scuro sullo schienale della sedia testimoniava l'accaduto.

Ferretti riassunse la situazione:

- Lei - e mi indicò - dice di aver sentito il maggiordomo che chiamava la vittima, e di essere sceso, perché le sembrava innaturale che il maggiordomo chiamasse così insistentemente il padrone.-

 Assentii.

 - Quindi, mentre scende le scale, incontra la signorina Barbara. Lei per quale motivo si trovava lì?-

 - Avevo sentito il maggiordomo chiamare insistentemente Bob, e poi Alberto uscire precipitosamente dalla sua camera ed ebbi la sensazione che fosse successo qualcosa. Non so spiegarmi meglio, ero rimasta impressionata dal discorso della sera precedente. Probabilmente senza volerlo associai le due cose.-

L'ispettore continuò - poi, insieme raggiungete Enrico, e cercate di aprire la porta, o meglio lei solo Alberto gira la maniglia, ma la porta non si apre. Scusi, ma lei fa il maggiordomo da molti anni come mi ha detto. Come mai non le è venuto in mente di uscire ed andare a sbirciare nella camera del suo padrone, visto che era preoccupato per la sua salute? Posso capire che non abbia direttamente cercato di aprire al porta, sarebbe stato imperdonabile per uno come lei, ma una sbirciatina, forse non sarebbe stata tanto sconveniente.-

- Non ero in me. Il padrone, mi aveva sempre risposto subito al mattino, era un rituale che facevamo da anni. Il principale era una persona metodica, molto puntigliosa, mentre questa mattina era da qualche minuto che lo stavo chiamando, e non mi rispondeva. Non pensai alla seconda porta fino a quando non me lo chiese la signorina.-

- Quindi - continuò Ferretti - siete usciti e ... scusi Enrico, la porta d'ingresso era chiusa o aperta?-

- Era aperta, l'avevo aperta io alle sette e trenta precisa, come tutte le mattine.-

- E a che ora l'aveva chiusa?-

- Alle ventitré esatte di ieri sera.-

- Bene. Una volta sulla scena del delitto, lei Alberto entra, ma non tocca nulla. Dice di essersi quasi sentito male. Si ricorda solamente di aver guardato la porta ed avere visto la chiave nella toppa.-

- Ero rimasto sconcertato dalla vista del cadavere di Bob, non ero in me.

- Dopo quanto tempo, sono arrivati gli altri due invitati?- chiese ancora a me.

- Non ricordo con precisione, all'incirca un paio di minuti.-

- Un paio di minuti. E voi perché siete accorsi?-

- Ho sentito un grido e mi sono precipitato di sotto a vedere. Anche Eva è scesa subito dopo. La porta d'ingresso era aperta, me ne accorsi perché entrava una corrente d'aria fresca. Siamo usciti e abbiamo visto Babi sotto il porticato con il maggiordomo.-

Eva continuò - io avevo sentito qualche minuto prima la voce di Enrico che chiamava Bob e poi qualcuno che era sceso precipitosamente dalle scale. Credo fosse Alberto, o almeno così mi ha detto questa mattina, poi sento un grido. Ero vestita e mi sono affacciata sul terrazzo della mia camera, ma non riuscivo a vedere niente perché erano sotto il porticato, e così sono scesa ed ho incontrato Gianni.-

Ferretti annuì con la testa ed entrò nella camera.

- Dunque la porta era chiusa dall'interno. La vittima - evitava sempre di pronunciare il nome, forse era un abitudine maturata con anni di lavoro - era seduta su quella poltrona. Il medico mi ha detto che visto l'angolo con cui è stato inferto il colpo, l'assassino o l'assassina, si trovava alle spalle, ed ha adoperato la mano destra. Prima io vi ho convocati separatamente ed ho chiesto ad ognuno di scrivere il proprio nome e cognome sul foglio, e tutti avete adoperato la mano destra.

Ma questo non vuol dire nulla. Lo preciso solo per chiarezza.

La vittima quindi volgeva le spalle al suo assalitore quando è stata colpita - e si chinò ad osservare la serratura della porta a vetri. Nella toppa interna vi era la chiave.

- Sa se questa porta venisse chiusa a chiave di solito?- disse rivolto al maggiordomo.

- Il principale la teneva sempre chiusa, non la usava quasi mai. Preferiva accedere al giardino passando dal salone.

- Bene, bene. -

- L'arma del delitto, non è stata trovata. Sembra si tratti di una lama di metallo, un coltello o qualcosa di simile. L'assassino deve averlo preso dopo aver inferto il colpo.

Signori, immagino siate stanchi, vi lascio andare a riposare nella vostre camere, ci vedremo più tardi.-

Non lo rividi fino a sera, quando mi venne a cercare nella mia camera.

- Buonasera. mi scusi se la importuno, ma io ho bisogno di avere di fianco una perso­na per riuscire a ragionare bene. Purtroppo non ho il mio aiutante questa sera. Vorrei parlarle un po' con lei se non le dispiace.-

- Prego, si accomodi.-

- Allora, che idea si è fatto?- mi chiese in tono di confidenza.

- Penso che l'assassino sia entrato dalla porta a vetri, abbia accoltellato il povero Bob e poi se ne sia andato dalla stessa porta a vetri.-

- Bene, ma fino ad un certo punto. Innanzitutto a che ora è successo? Il medico mi ha confermato che il decesso è avvenuto tra le due e le quattro di questa notte. A quell'ora tutti avete detto che dormivate, ma nessuno logicamente lo può dimostrare. A quell'ora inoltre, seguendo la sua teoria, una persona potrebbe essersi introdotta nel giardino dall'esterno, e da qui nella camera della vittima. Poi, il movente, che per adesso, è ancora un mistero, ma sono convinto che sia legato al discorso che è stato fatto ieri sera. Infine il colpevole, ma anche questo è ancora sconosciuto.

Cerchiamo di capire come è avvenuto il de­litto.

Lei ha detto che l'assassino è giunto dall'esterno, e poi è entrato dalla porta a vetri; per quale ragione?-

- Beh, perché la mattina è stata trovata aperta. Del resto, se lei vuole insinuare che sia stato qualcuno di noi, come avremmo potuto, visto che la porta che dava nel salone era chiusa dall'interno? -

- Concordo con lei, era chiusa, ma noi non dobbiamo farci ingannare dalle apparenze. Sappiamo, se prendiamo per valida la testimonianza del maggiordomo, che era abitudine della vittima non chiudere mai a chiave la porta. Come si spiega allora che ieri sera sia andato controcorrente, e l'abbia fatto?

- Può darsi che non si sentisse sicuro, avesse paura così si sia barricato in camera.-

- E' una risposta valida. Ma procediamo con ordine. Si ricorda la posizione del cadavere? Era seduto sulla poltrona e guardava esattamente verso la porta a vetri. Io ho osservato la serratura: la chiave è all'interno, e non c'è il minimo segno di effrazione.

Inoltre il maggiordomo asserisce che quella porta non veniva mai usata, ipotesi avvalorata dal fatto che in corrispondenza del battente, ho osservato una fascia più scura, come se fosse rimasta chiusa da molto tempo, e il sole, battendo sulle altre superfici ne avesse in maniera appena percettibile alterato i colori.

Se veramente l'assassino è entrato dalla porta a vetri, l'unica spiegazione è che la vittima stessa gli abbia aperto perché lo co­nosceva.-

- Quindi secondo lei Bob conosceva il suo assassino e gli ha aperto la porta, poi in un momento di disattenzione, è stato colpito a tradimento.-

- C'è però un particolare che non quadra, se veramente la vittima si era chiusa in camera perché aveva paura, come ha potuto commettere l'imprudenza di aprire la porta proprio a questa persona?-

- Potrebbe essere che Bob non sapesse chi fosse il colpevole, ed avesse aperto ad una persona credendola innocente.-

- Potrebbe anche essere andata in questa maniera, ma io sono convinto che il suo amico conoscesse benissimo l'identità del suo assassino. Comunque questa è una mia idea.

Veniamo all'arma. Non è stata rinvenuta. Ho fatto setacciare tutto il giardino, ma non vi è nessuna traccia. Il terreno è molto duro, i segni delle impronte sono appena percettibili, quindi non è possibile ricostruire l'ipotetico cammino fatto dall'assassino, sempre ammesso che il colpevole sia da ricercare all'esterno. Del resto, il portone è rimasto chiuso dalle ventitré di ieri sera alle sette e trenta di stamani, e questo avrebbe impedito a chiunque delle persone all'interno di uscire od entrare ad esclusione del solo maggiordomo, che possedeva le chiavi. Mi scusi, posso uscire sul terrazzo?-

- Certamente - e ci dirigemmo sul terrazzo.

Prima non ci avevo fatto caso, ma tutti e quattro i terrazzi delle camere erano divisi da una ringhiera in muratura, che poteva essere tranquillamente scavalcata senza troppo sforzo. Evidentemente lo notò anche Ferretti, visto che provò a scavalcare la cinta per andare nel terrazzo di Eva, e poi ritornare dalla mia parte.

- Ho finito di importunarla - e si congedò avviandosi alla porta.

Sentii i suoi passi che si dirigevano verso la camera di Eva.

Ci rincontrammo il giorno dopo, quando stavamo facendo colazione.

- Buongiorno a tutti, spero che abbiate trascorso una buona nottata.-

Fu ricambiato da cenni di saluto da parte di tutti, ma si intuiva una certa ostilità. Si diresse quindi verso il porticato e di qui nel giardino. Finii la colazione e lo raggiunsi. Era proprio fuori la camera di Bob, e stava attentamente osservando il terrazzo su cui eravamo la sera precedente che faceva da tetto al porticato e si svolgeva lungo tutto il profilo della villa all'altezza del primo piano. A Est incontrava una quercia di notevoli dimensioni, proprio in quel punto si stava dirigendo Ferretti.

Lo seguii per curiosità e quando lo raggiunsi era intento ad arrampicarsi lungo i rami fino a raggiungere il terrazzo. Si soffermò per qualche momento, e quindi scese, con un agilità che trovai sorprendente.

- Da ragazzo, ho vissuto in campagna ed era il mio passatempo preferito arrampicarmi sugli alberi.-

- Vedo che comunque si mantiene in forma - dissi non riuscendo a trattenere un sorriso.

- Stavo cercando di capire se sarebbe stato possibile raggiungere il giardino dal terrazzo, senza passare per le scale convenzionali, e quindi per il portone d'ingresso.-

- Mi sembra che ci sia riuscito.-

- Si, ritorniamo dentro, ho una cosa importante da dire.-

Giunti all'interno, ci sedemmo tutti sul divano, mentre solo l'ispettore rimase in piedi. Con tono solenne iniziò - questa mat­tina è arrivato l'esito della perizia delle im­pronte digitali raccolte nella stanza: sulla maniglia esterna della porta che dà verso questo salone, vi sono le impronte della vittima, del maggiordomo e del signor Alberto, che come lui stesso ha ammesso ha toccato ieri mattina per cercare di aprire la porta. Purtroppo non sono state trovate altre impronte particolari; quelle all'interno della stanza appartengono al maggiordomo, o alla vittima stessa. Sono quindi costretto a chiedervi di rimanere a disposizione fino a quando il colpevole non verrà smascherato.-

Seguirono una serie di proteste.

- Io sono artigiana e non posso permettermi il lusso di tenere chiuso il negozio. Sono molto dispiaciuta per la morte di Bob, ma la ricerca del colpevole è affar vostro. Trovo tremendamente irritante il fatto di essere considerata una possibile indiziata, quindi o mi mostrate delle prove a mio ca­rico, oppure dovrete fare a meno di me - disse energicamente Barbara.

- Si calmi signorina, farò il possibile per risolvere la questione entro questa sera, ma non posso assicurarle niente. Comprendo la sua irritazione, ma non posso assolutamente escludere nessuno a priori come ho già detto. -

- Ha già qualche indizio dunque se ritiene di poter rivelare il nome dell'assassino entro questa sera - disse Gianni.

- Non confondiamoci signori. Io ho solamente detto che avrei fatto il possibile per non far perdere giorni lavorativi alla signorina, e che avrei quindi cercato di trovare il colpevole al più presto.-

- Ma come pensa di trovarlo se non vi sono impronte digitali?-

- Questo è il mio lavoro e se non vi dispiace vorrei continuare a farlo - e detto questo se ne andò nella camera che da ieri era divenuta il suo quartier generale.

Per quello che mi riguarda, telefonai alla mia ditta e presi qualche giorno di ferie, adducendo una scusa, perché non volevo rivelare il vero motivo. Non so per quale ragione non trovai il coraggio di dire che ero trattenuto per fermo di polizia, per la morte di un mio caro amico, forse per le chiacchiere e i pettegolezzi che ne sarebbero seguite.

Gianni chiese al suo collega di sostituirlo, mentre Eva era la sola che non provava disagio nel doversi fermare per qualche tempo: vivendo da sola da casalinga, mantenuta dal ex marito, il fatto di doversi trattenere lontano da casa era una novità che la allettava e la affascinava certamente più della monotonia del solito tran-tran quotidiano.

La mattinata trascorse lentamente, con l'ispettore barricato nella sua camera, e noi che cercavamo di far passare il tempo costruendo le più strampalate teorie su ciò che Ferretti potesse aver intuito.

Io, continuavo a ribadire il mio concetto secondo cui l'assassino doveva essere giunto dall'esterno ed aver commesso il delitto, per poi riallontanarsi nel nulla.

Eva condivideva la mia ipotesi - ed inoltre il delitto deve in qualche modo essere legato al furto di cui Bob ci ha parlato - aggiunse.

- Potrebbe esserci un legame - si inserì Gianni - ma non vedo come noi potremmo risolverlo. Abbiamo già esaminato le per­sone di conoscenza comune, non riesco a trovarne nessuna che potrebbe essersi com­portata in quel modo.-

- Forse è qualcuno che è cambiato, che non è più come quando lo conoscevamo. Il tempo cambia le persone - disse Babi.

- Vi ricordate di cosa ha detto Bob a cena? Questa persona ha agito come una valvola, quando la pressione aumenta, la valvola si apre, come in una pentola a pressione. Se Questo individuo fosse una persona con delle turbe psichiche, potrebbe, in particolari condizioni, fare delle cose che normalmente non avrebbe mai fatto, cose di cui addirittura si vergogna. Magari l'altra sera era in preda ad uno di questi raptus ammesso che così si chiamino ad ha ammazzato Bob.-

- Non credo di conoscere nessuno che corrisponda alla descrizione che hai fatto Eva, e poi ricor­diamoci che un conto è rubare, ed un conto uccidere - intervenni.

- Dunque per te sono state due persone diverse quelle che hanno commesso i due fatti?-

- Non saprei Babi, non saprei proprio. -

In quel momento, mi accorsi che Ferretti era sulla soglia della porta e stava ascoltando i nostri discorsi.

- Continuate, prego, non sapete quanto possa essere costruttiva l'analisi di gruppo.-

- Mah, l'ispettore e lei, è il suo lavoro, come ha detto. Quindi lo faccia da solo - e detto questo Barbara che doveva essere ancora adirata con Ferretti, salì in camera sua.

- Povera ragazza, è solo scossa - sentenziò Eva.

- E' comprensibile. Spero non abbiate avuto problemi a dovervi fermare ancora per qualche giorno.-

Ci fu un mugugnio comune di risposta.

- Anche lei - disse rivolgendosi a me - che è dipendente non ha avuto problemi ?-

Doveva averlo appreso dai miei documenti. - Ho preso qualche giorno di ferie. Non ho detto che dovevo trattenermi per delle indagini di polizia - dissi con una punta di vergogna.

- Capisco. Mi scusi, lei che lavoro fa?-

- Sono impiegato in una ditta di elettronica. Lavoro nel campo satellitare, un settore in continua espansione.-

- Capisco. Mentre lei - e guardò Gianni - è un artigiano, o almeno così risulta dai documenti. Di che cosa si occupa, se non sono indiscreto?-

- Possiedo un negozio di biciclette, mountain bike per la precisione.-

- Interessante, ma torniamo a cose più importanti. Come dicevo prima, non sapete quanto possa aiutare il discorrere in gruppo. Secondo voi, per quale motivo l'arma è stata portata via? Venga, venga anche lei Enrico. -

- Non saprei, forse per non lasciar tracce. -

- Oppure perché si poteva capire l'identità dell'assassino dall'arma usata.-

- L'ipotesi non è da scartare. Escludo che si possano comunque trovare impronte digitali sull'arma, visto che l'assassino è stato così accorto da non lasciarle nella stanza - dissi.

- Lo penso anch'io. E lei che ne dice? - Disse Ferretti rivolgendosi al maggiordomo.

- Non so se possa essere importante, però ho controllato nella camera del padrone, e ho notato che manca il tagliacarte che teneva normalmente sullo scrittoio. Pensavo che fosse nel cassetto, di solito il principale lo riponeva lì. Ma quando questa mattina ho controllato, non l'ho trovato. Ho cercato anche da altre parti, ma nulla. Non pensavo fosse importante, ma adesso che me l'ha chiesto, forse può acquistare importanza.-

- Perché non è venuto subito a dirmelo? Certo che ha importanza, eccome. Che forma aveva?-

- Era un regalo di un amico che viveva in Africa. Glielo aveva portato qualche anno fa. Era una lama di metallo con un manico di avorio, lavorato a mano. Aveva anche un discreto valore economico.-

- La lama era sottile e lunga?-

- Si, il signore lo usava per aprire le buste della corrispondenza.-

- Mi faccia vedere dove si trovava di solito - e tutti e quattro ci recammo nella stanza.

- Ecco, era qui - ed indicò la scrivania, dietro la poltrona su cui era stato trovato Bob.

- Dunque il tagliacarte era sul piano dello scrittoio, e l'assassino ha colpito da dietro lo schienale della poltrona, tutto sembra quadrare adesso. - Ferretti era immerso nei pensieri, stava ricostruendo mentalmente la scena, lo si capiva perché di tanto in tanto eseguiva inconsapevolmente dei movimenti con il corpo. Noi seguivamo con attenzione ciò che stava succedendo.

Poi Ferretti sembrò uscire da quello stato di catalessi - ora sappiamo anche quale è stata l'arma ma anche se ignoriamo dove sia. E' importante però il fatto che sia stata portata via dall'assassino. Questo è un particolare su cui bisogna meditare. Ora manca solo il movente. Devo andare nella mia camera a riflettere, c'è qualcosa che mi sfugge. Un particolare che ha attratto la mia attenzione ma che adesso non riesco ha ricordare. La novità del tagliacarte, ma lo ha fatto scordare. Signori a dopo.-

Si rinchiuse nella sua camera per tutto il giorno, e non avemmo più modo di vederlo.

La cena fu servita da Enrico, e tra un piatto e l'altro informammo Barbara delle novità. Apparve abbastanza meravigliata nel sentire del tagliacarte.

Ad un certo punto, l'ispettore uscì e chiamò il cameriere in disparte; noi dal tavolo non potevamo sentire quello che si dicevano. Notai una espressione di leggera meraviglia sulla faccia di Enrico, che per un attimo scomparve.

Lo vedemmo comparire qualche istante dopo con un grosso volume in mano, e dirigersi nella camera di Ferretti. Ci guardammo senza riuscire a capire cosa potesse essere quel libro.

Quando il maggiordomo ritornò, fu per portarci il dolce. Non riuscii a trattenere la curiosità, e così chiesi se poteva dirmi che libro avesse portato all'ispettore.

- Ecco signore, l'ispettore mi ha chiesto se in casa esisteva un enciclopedia quindi, saputo che ve ne era una, di quanti volumi fosse composta, ed infine dopo avergli rivelato che era composta da sei volumi, se potessi portargli l'ultimo.-

E a questa affermazione rimanemmo ancora più sbigottiti di prima.

Terminammo il dolce in silenzio e rimanemmo a tavola ancora per qualche minuto, poi ci sedemmo sul divano. Eravamo raccolti tutti in silenzio, era chiaro che ognuno di noi stava meditando sul significato dell'enciclopedia.

Ferretti rimase in camera per circa una mezzora, e quindi comparve sulla soglia del salone. Tutti ci voltammo nella sua direzione. Non so come descrivere l'espres­sione del suo volto, ma l'aggettivo che meglio si adatta penso sia sorniona. Sem­brava quasi che stesse segretamente goden­do. Non vi era nulla di particolare, ma gli occhi si erano fatti piccoli e luminosissimi, capii che era arrivato alla soluzione. Rimase immobile come a gustarsi la scena per qualche istante, senza fiatare, fissandoci senza tentennamenti.

Poi, si avvicinò ed iniziò un discorso che doveva essersi preparato in camera. - Buonasera signori, spero che la cena sia stata gustosa signorina Barbara, e possa in qualche modo aver mitigato l'irritazione per do­ver essere lontana da casa. - Parlava con malcelata ironia, si stava prendendo la rivincita sulla sfuriata mattutina di Babi. - Come vede signorina, Ferretti quando lavora, lavora. Le avevo promesso che avrei fatto tutto il possibile per catturare il colpevole entro sera, ed intendo mantenere l'impegno, fino in fondo. Se lor signori mi degnano di un po' di attenzione vorrei esporre come si sono realmente svolti i fatti, e quando dico realmente, intendo dire senza possibilità di errore. Ma prima, vorrei sapere se qualcuno di voi desidera aggiungere qualcosa a ciò che ha già detto.-

Rimanemmo tutti immobili ed in silenzio, anche il maggiordomo, ci aveva raggiunto e si era messo ad ascoltare rimanendo in piedi. Lo sguardo di Ferretti ci vagliava uno ad uno, senza fermarsi su nessuno, senza rivelare il minimo dettaglio. Mi chiesi quale oscuro suggerimento potesse avergli rivelato l'enciclopedia. Dopo qualche istante riprese - Bene, proprio come mi ero aspettato. Permettetemi di riassumere il metodo deduttivo che mi ha condotto all'identità dell'assassino. Innanzitutto, tre sono le componenti essenziali di un delitto: L'arma, il movente ed il luogo. Quando arrivai, fui subito condotto nella camera della vittima, e potei osservarne tutti i dettagli, anche quelli più insignificanti. La prima domanda che mi posi fu se il corpo fosse stato spostato, o giacesse realmente nelle posizione in cui il delitto era stato commesso. Mi convinsi ben presto, che il corpo non poteva essere stato spostato, vi erano troppi particolari che testimoniavano che quella che mi si presentava era la scena reale dei fatti. Vi erano però due particolari che stonavano: la porta chiusa dall'interno, e la porta a vetri, aperta verso il giardino. In seguito, venni a sapere dal maggiordomo che la porta a vetri era sempre chiusa a chiave, mentre quella che porta in questo salone sempre aperta; l'esatto contrario di come le avevo trovate. Iniziai a riflettere su questo particolare: se la porta era chiusa dall'interno, era logico supporre che l'assassino fosse giunto dall'esterno. Questa ipotesi, non mi convinse a priori, troppe coincidenze venivano a intrecciarsi. La prima eravate voi. Un vecchio amico, che non vedete da tempo, vi invita tutti insieme a cena a casa sua. Poi vi confida di avere un problema da risolvere e vi informa di essere stato spettatore di un furto, seconda coincidenza. Quindi decide di non rivelarvi l'identità del ladro, ma vi preannuncia che lo farà solo il giorno seguente. Nella notte viene ucciso, terza coincidenza, ma l'og­getto con cui viene ucciso, non viene trovato. Ed arriviamo all'arma, o meglio al­la sparizione della stessa. Non sappiamo con quale arma sia avvenuto il delitto, ma sappiamo che il colpevole se l'è portata via. Poi, quest'oggi si scopre che il colpo è stato inferto con un tagliacarte che normalmente si trovava sullo scrittoio. E qui mi accorgo che c'è qualcosa che non quadra. Una persona giunge dall'esterno, scavalca la recinzione, attraversa il giardino di nascosto ed arriva alla porta a vetri. Bob lo conosce e lo fa entrare, infatti non vi sono segni di effrazione sulla porta. Le intenzioni dell'assassino, devono essere chiare, altrimenti se avesse altri scopi non si sarebbe comportato in quel modo, ma avrebbe incontrato la vittima in un modo più consueto. Ma lui, non vuol farsi vedere da altri, confida che la vittima non sappia che lui è li per compiere quell'infame delitto. E l'assassino determinato nel compiere il suo gesto cosa fa?

Dimentica a casa l'arma.

C'è qualcosa che non va. Non può essersi recato sul luogo del delitto in piena notte, ed aver sperato di trovare qualcosa che potesse servire come arma nella stanza della vittima. Piano piano abbandono l'idea dello sconosciuto giunto dall'esterno, e prendo in considerazione le persone presenti in casa la notte fatidica. Sono cinque, quattro amici di vecchia data, invitati dalla stessa vittima a trascorrere il week end e il maggiordomo, ossia voi cinque. Quindi prendo in esame lo strano discorso fatto durante quella che per il vostro ospite sarà l'ultima cena. Supponiamo che la chiave di interpretazione di questo delitto risieda nel discorso. A tutti voi ho chiesto di riassumermelo, e devo dire che tutti me ne avete parlato all'incirca nello steso modo, all'incirca, perché non avete pronunciato le medesime parole. Era questo che mi ronzava nella testa, ma che non riuscivo a comprendere. Vedete, una parola può avere diversi significati a seconda dell'interpretazione che si vuol dare. Ma procediamo con ordine. La vittima dice di essere stato testimone di un furto dall'ufficio dove lavorava. Mi sono subito chiesto in quale luogo potesse essere stato commesso il furto. Dice inoltre di aver riconosciuto nel ladro una vecchia conoscenza; doveva quindi trovarsi abbastanza vicino per vederlo in volto e poterlo identificare. Presi in esame il fatto che il furto fosse avvenuto nella stessa ditta in cui lavorava la vittima. Se realmente il misfatto doveva essere avvenuto non troppo lontano dall'ufficio perché non nella stessa ditta? Ed il mosaico cominciò a comporsi. Il signor Giacobini - e fu la seconda volta che pronunciò il cognome di Bob - vede questo suo amico commettere il furto, ma non parla.

Perché? Per amicizia? Poco probabile, la carriera vale molto di più di un’ amicizia vecchia di anni e magari allentata dal tempo. Mi chiedo se l'intenzione del nostro personaggio non sia quella di ricattare il ladro. Guardacaso, scopro che gli affari non gli vanno troppo bene; lo stipendio basta appena per mantenere la villa in cui noi adesso ci troviamo, ed il maggiordomo, un piccolo lusso a cui non vuole rinunciare. Scopro inoltre che ha contratto debiti di gioco, debiti che devono essere pagati. Il mosaico prende sempre più forma. Cosa decide dunque di fare? Al primo momento pensai che avesse invitato questo famigerato ladro a cena insieme ad altri amici per non destare sospetti. Ma qualcosa non mi convinceva. Se in effetti la vittima avesse voluto ricattare il ladro, perché non farlo direttamente ed inscenare la cena tra vecchi amici? Per quale motivo non rivolgersi direttamente e parlargli chiaro? Mi resi conto che il discorso era più complesso, ed entrava in gioco una terza persona, il mandante. Voi mi avete raccontato di come il vostro amico avesse il sospetto che il ladro fosse lui stesso vittima di una terza persona che, con suggestioni giornaliere lo ha convinto ad agire, per citare le esatte parole del signor Giacobini. Il mosaico ha ormai preso una forma consistente, comincia ad apparirmi il risvolto psicologico dell'assassino. Quest'ultimo costringe un amico di gioventù a commet­tere il furto tenendo sotto scacco la sua fa­miglia e minacciando di rivelare alla polizia qualche fatto illegale del passato. Il poveraccio si deve improvvisare ladro e rubare degli importanti documenti, ma proprio mentre è all'opera viene veduto dalla vittima. A sua volta la vittima, si rende conto della situazione, ma non ha nessuna prova a carico del mandante, e viceversa non può prendere provvedimenti contro lo sventurato ladro. Escogita così la cena. Con la scusa di una rimpatriata invita vecchi amici, tra cui figura anche il mandante. A cena intavola un discorso in cui fa capire che è a conoscenza di tutto e che potrebbe andare a rivelarlo alla polizia. Quindi si ritira nella sua camera e lascia la notte per riflettere a questa terza persona. Ecco che l'assassino si sente braccato. Decide di andare a parlare con la vittima, ma nella sua testa non è ancora maturata l'idea del delitto. Scende le scale e bussa alla porta del signor Giacobini. Questi lo stava aspettando, gli dice di entrare. Apre la porta, e badate bene che dico apre la porta, perché fino ad allora non era chiusa a chiave, come da abitudine. Quindi si ha la discussione, credo basata su un fattore economico. Ma non si mettono d'accordo, ed in un momento di rabbia l'assassino prende il tagliacarte ed uccide l'amico. E' un momento di pazzia, un solo istante, ma il delitto è commesso. Il mosaico è completo. L'assassino si rende conto di quello che ha fatto, chiude a chiave la porta che da nel salone e cancella tutte le impronte. Vuole inscenare che il delitto sia stato commesso da una persona provenuta dall'esterno. Apre quindi la porta a vetri, ed esce nel giardino portandosi via il tagliacarte. Raggiunge la quercia, si arrampica, e ritorna nella sua camera.-

Una pausa di silenzio. Nessuno osava fiatare, io stesso respiravo a fatica, in preda all'emozione.

Quindi riprese - Avete già capito a chi mi sto riferendo vero? L'assassino è una persona che aveva interesse ad approppiarsi di documenti rubati nella ditta in cui lavorava la vittima. La sola persona che avrebbe attribuito la giusta importanza a questa frase pronunciata dalla vittima la sera precedente :

Questa persona dicevo, ha agito come una valvola, ha accumulato la tensione internamente e quando non ce l'ha più fatta è crollata psicologicamente ed ha agito. Potrebbe essere stato pilotato da qualcun altro che con piccole suggestioni giornaliere lo ha portato ha commettere un grave atto.

Una persona che la notte prima aveva aper­to la maniglia della porta inquisita a mani nude, ed aveva lasciato impronte che non era poi più riuscito a cancellare. Una persona che la mattina, davanti a testimoni avrebbe dovuto toccare quella maniglia per dare una spiegazione alle impronte che aveva lasciato. In poche parole lei signor Alberto.

Si girarono tutti a guardarmi, mi sentii co­me se fossi stato condannato a morte.

- Ma tutto questo è ridicolo, non ha nessu­na prova, come crede di suffragare le sup­posizioni che ha fatto fino ad ora? - dissi in tono isterico.

- Lei è l'unica persona che avrebbe potuto uccidere la vittima. Innanzitutto avevate frequentato le stesse scuole; vi eravate spe­cializzati nello stesso campo. Chi se non lei avrebbe tratto benefici dall'approppiarsi di importanti documenti rubati in una ditta di elettronica? Così ha costretto una sua vecchia conoscenza ad agire per lei, ricattandola perché in passato si era dato alla ricettazione e lei poteva denunciarlo. Ma il suo amico identifica il ladro, capisce come realmente stanno le cose, e decide di incontrarla. Ma non può farlo apertamente, non è sicuro dei suoi sospetti, non ha prove e così inventa la rimpatriata, la invita a cena. Qui piano piano le fa capire che lui è a conoscenza dell'identità del ladro, ma che è convinto che vi sia qualcun altro, e qui arriviamo alla valvola. Non riuscivo a capire cosa fosse che mi ronzava in testa. Vi era qualcosa di diverso nell'esposizione che ciascuno di voi mi aveva fatto del discorso della vittima a cena. Non riuscii a capirlo fino a questo pomeriggio quanto la signora - ed indicò Eva - diede una sua interpretazione alla frase. Vi ricordate che dissi che l'analisi di gruppo è molto stimolante? Pura verità. La signora suppose che il ladro si fosse comportato come la valvola delle pentole a pressione, quando la pressione supera quella nominale della valvola, questa si apre e lascia uscire il vapore che altrimenti farebbe esplodere la pentola. Ma la signora era una casalinga, ed è logico che associasse quell'oggetto a quella parola. Mi immedesimai nei personaggi, e nella loro psicologia. Lei per esempio - disse rivolgendosi a Gianni - abituato a lavorare con le bici, mi chiesi a cosa avrebbe associato il termine valvola. Giunsi alla conclusione che probabilmente lo avrebbe abbinato a quelle presenti sulle ruote che servono per gon­fiarle. Anche queste all'incirca funzionano come quella descritta prima, anche se in senso contrario, in quanto devono impedire all'aria di uscire. Poi, cercai di immergermi nel mondo della signorina. Un mondo tutt'altro che femminile, abituata a lavorare ai motori delle automobili e ad avere il peso della responsabilità della conduzione dell'azienda. Ne risultò che sicuramente le valvole che era abituata a vedere erano quelle all'interno dei motori, quella di aspirazione e quella di scoppio; mi corregga se sbaglio. Ma anche qui, non venni a capo di nulla. Mi mancava solo lei Alberto, e mi ri­cordai che lei si era specializzato in elet­tronica. Capii allora che solo lei sarebbe stato in grado di ripetere perfettamente le parole che il vostro ospite aveva pronun­ciato a cena. Lei solo mi aveva citato le pa­role ha accumulato la tensione interna­mente... che realmente erano state dette perché lei solo le aveva comprese nella loro completezza. Le valvole in gergo elettronico non hanno nulla a che vedere con quelle analizzate fino ad ora. Mi sono servito dell'enciclopedia ed ho scoperto che il termine esatto è valvola termoionica, proprio a causa del particolare effetto su cui si basa il loro funzionamento.

In realtà una valvola è un amplificatore dove, agendo con un segnale di piccola entità, se ne controlla o come si dice in gergo elet­tronico se ne pilota uno di grande entità. Lei ha fatto esattamente questo: ha fatto accumulare una grande tensione a livello emotivo e, quando il suo amico non ha retto, lo ha pilotato in modo che rubasse i documenti mentre lei rimaneva nell'ombra senza esporsi a grossi rischi. Senza parteci­pare direttamente al crimine, con poco sforzo è riuscito ad ottenere un grosso risultato. Proprio come una valvola.-

Rimanemmo tutti in silenzio poi a bassa voce più a me stesso che ad altri dissi - Non volevo uccidere Bob. Ero andato in camera sua per capire che intenzioni avesse. Quando parlammo direttamente dell'argomento, scoprii che voleva i tre quarti del ricavato. Assurdo, vedevo svanire ogni mio progetto dopo che avevo fatto tutto il lavoro. Cercai di dissuaderlo, di scendere a patti, ma non ci fu nulla da fare: se non avessi pagato mi avrebbe denunciato. Era uno strozzino. Così, in un momento di pazzia, afferrai il tagliacarte e lo colpii. Non so per quale ragione, non intendevo ucciderlo, in quel momento intendevo solo azzittirlo. Mi ci volle qualche momento per capire che cosa avevo commesso. Chiusi a chiave la porta, proprio come ha detto lei Ferretti, e passai con la coperta che stava sul letto tutto ciò che avevo toccato, compreso il tagliacarte. Ma su questo non mi sentivo sicuro, così lo presi con me quando me ne andai...-

 

...Non rividi più i miei amici, nessuno è mai venuto a trovarmi in prigione dove sono rinchiuso da quella sera. Non sono ancora riuscito a capire se sia stato più merito di Ferretti o colpa mia. Comunque sia andata, sono costretto a trascorrere l'intera mia futura esistenza in questa cella, ma non sono pentito di quello che fatto. Mi spaventa il fatto di non aver provato alcun dolore per la morte di Bob ma solo un sentimento di compassione. Spero che mi lasceranno tenere carta e penna anche in futuro, chissà mai che un giorno qualcuno legga queste pagine e decida di farne un romanzo.

 

indice dei racconti

aggiornato il 23/01/2010

home

scrivimi, se ti va